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1966. L’ALLUVIONE IN TOSCANA

Un evento catastrofico che ha segnato un’epoca e ispirato il moderno volontariato

Alluvione in Toscana 1966, piazza Duomo allagata

Nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1966, dopo dieci giorni di pioggia incessante, l’Arno esonda nel Casentino e nel Valdarno Superiore: un’onda di tre metri percorre le vie della città alla velocità di 60 chilometri orari e il fango si riversa ovunque travolgendo case, chiese, edifici storici, biblioteche.
Nel quartiere di Santa Croce la piena raggiunge circa 5 metri. I fiorentini vengono colti di sorpresa per l’assenza di una rete di monitoraggio e nella regione si contano 35 vittime. “Il 6 novembre 1966, quando l’Arno si ritira, lascia la città sotto 600mila tonnellate di fango – si legge nella ricostruzione dell’evento sul sito del dipartimento della Protezione civile -.

Elemento chiave di questa emergenza è la capacità di risposta spontanea della gente comune, della “cittadinanza attiva” arrivata da ogni parte d’Italia e da molti Paesi esteri per offrire aiuto a una città in ginocchio: “gli angeli del fango”. Le forze armate – prosegue il racconto -, pur numerose, si trovano invece a operare prive di quel coordinamento che troverà naturale espressione solo nella futura Protezione civile.

Solo sei giorni dopo l’alluvione, il Governo è in grado di mettere in campo una rete di soccorso organizzata. Per la prima volta in Italia si percepisce la mancanza di un sistema nazionale in grado non solo di intervenire efficacemente nell’emergenza, ma anche di monitorare il territorio attraverso una costante attività di previsione e prevenzione. Una risposta normativa arriva nel 1970 con la legge 996 – ‘Norme sul soccorso e l’assistenza alle popolazioni colpite da calamità– che delinea un quadro complessivo di interventi di protezione civile e riconosce, per la prima volta, l’attività del volontariato”.

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